Il progresso e il tempo

Da molto tempo, è subentrata la tendenza a separare il significato atemporale delle proposizioni dal loro svolgimento nel tempo. Tuttavia, il tempo è una parte fondamentale della nostra realtà naturale ed è intrinseco alla struttura della materia stessa. Ilya Prigogine ha evidenziato l’importanza del tempo nella storia della scienza, soprattutto nel campo della fisica. A partire dalla rivoluzione scientifica del secolo XIXº, la fisica classica ha cercato di eliminare la dimensione temporale, tentando di collocare le sue leggi in una sfera considerata come eterna. Tuttavia, la nostra esperienza quotidiana è caratterizzata da un’esperienza del tempo molto diversa: la vita non è guidata da leggi atemporali e deterministiche, ma è piuttosto immersa nel flusso del tempo (7). Gli individui, gli eroi, e gli eventi sociali acquisiscono significato solo quando vengono situati nel tempo. Al di fuori di esso, esiste solo spazio per i fantasmi. È nel tempo che l’umanità esprime il proprio spirito vitale e si realizza, dando un senso alla vita.

Nelle società moderne, a un certo punto, è sorto il bisogno di unità di tempo estremamente precise come l’ora, il minuto o il secondo. Queste unità di tempo sono standardizzate e rese intercambiabili nonché affidabili in ogni luogo e in ogni epoca. Il progresso industriale ha richiesto la sincronizzazione del comportamento umano con i ritmi delle macchine. Per contro, nelle società agricole, dove era importante solo determinare il momento opportuno per seminare e raccogliere, il tempo veniva misurato con precisione per lunghi intervalli, ma non per brevi periodi di tempo. Questo perché era superfluo sincronizzare il lavoro umano con la natura. Nei secoli passati, la percezione del tempo variava notevolmente a seconda del luogo e dell’epoca, ad esempio, nel nord dell’Europa durante il Medioevo, il giorno era diviso in un numero fisso di ore diurne e notturne, ma la durata di queste ore mutava a seconda della stagione (8). In molte società preindustriali, il tempo era visto non come una linea retta ma come un cerchio. Per esempio, sia per i Maya, i buddisti, che gli hindu, il tempo era circolare e ripetitivo: la storia iniziava sempre da capo, e lo stesso accadeva per la vita attraverso il ciclo delle reincarnazioni (9).

In definitiva, il libero mercato non si limitò solamente a creare delle nuove rappresentazioni spazio-temporali destinate a rimodellare l’esistenza quotidiana, ma diede anche una risposta originale alla questione stessa dell’essenza delle cose. Confermando così come ogni impero abbia bisogno di inventarsi dei miti e delle credenze per rispondere ai quesiti posti dall’esistenza. Al riguardo, Polanyi rammentava che: “… La Rivoluzione Industriale fu semplicemente l’inizio di una rivoluzione tanto estrema e radicale quanto tutte quelle che avevano mai infiammato lo spirito dei settari, ma il nuovo credo era completamente materialista e implicava che, data una quantità illimitata di beni materiali, tutti i problemi umani potevano essere risolti…” (10)

In effetti, la rivoluzione industriale è stata preceduta e accompagnata da un cambiamento culturale analogo, che può essere riassunto con alcune idee fondamentali. La prima riguardava la natura, ora considerata semplicemente come un oggetto da sfruttare. L’idea che l’uomo doveva esercitare il suo dominio sulla natura era collegata alla “Genesi”, anche se, fino alla rivoluzione industriale, rappresentava solo il pensiero di una esigua minoranza. Mentre, in generale, le diverse culture anteriori mettevano l’accento sull’armonia tra l’umanità e l’habitat naturale che la circondava.

La seconda, prendeva l’avvio da una società industriale nelle sue fasi iniziali, ma che già produceva in serie, assemblando pezzi distinti con l’aiuto di macchine. Infatti, la linearizzazione del tempo e l’idea di un universo eterogeneo e composto da elementi separabili, era indispensabile per il suo sviluppo. In precedenza, l’universo era concepito come un’unità infinita e caotica, e gli esseri umani erano così profondamente legati ai propri antenati e discendenti, e così intimamente uniti al mondo naturale, al punto da condividere la vitalità degli animali, degli alberi, delle rocce e dei fiumi. (11)

In sintesi, il concetto di tempo lineare si è posto come condizione fondamentale per l’accettazione delle idee di evoluzione e progresso. Se il tempo fosse stato percepito come circolare, piuttosto che lineare, probabilmente si sarebbe imposta l’idea che la storia si ripete e che l’evoluzione e il progresso sono solo illusioni.

da pag. 30-31 di “UTOPIA? Persistenze culturali ed economia” di Angelo Cacciola Donati