Andrianampoinimerina, il re del Madagascar che costruiva dighe (e solidarietà) – PARTE 1
Oggi facciamo un salto nel tempo per conoscere un re che non indossava solo una corona, ma anche gli stivali da lavoro: Andrianampoinimerina, sovrano del Madagascar nel XVIII secolo.
Prima che arrivassero i colonizzatori europei a mettere tutto sottosopra, il Madagascar era una terra organizzata, fatta di comunità agricole ben strutturate, dove la terra non si comprava su Internet ma si condivideva grazie all’appartenenza al villaggio. Niente proprietà privata come la intendiamo oggi: la terra era di chi partecipava alla vita della comunità.
E chi guidava questa orchestra sociale e produttiva? Proprio lui, il re. Ma attenzione: non era un re con la poltrona e la pipa, era piuttosto un direttore d’orchestra con la pala in mano.
Il re che costruiva dighe
Andrianampoinimerina si rese conto che i tempi stavano cambiando. In tutta l’Africa crescevano nuove esigenze, e lui voleva adattare la sua società.
Come? Costruendo dighe!
Ma non per capriccio: lo faceva per gestire meglio l’acqua, fondamentale per coltivare il riso, che a sua volta nutriva il popolo.
E non chiedeva tasse o denaro. Disse una cosa semplice ma potente:
“Io sono padre e madre del popolo. Chiedo solo il vostro aiuto per costruire. In cambio, vi nutro.”
In pratica, invece di pagare imposte, la gente contribuiva con il lavoro nei progetti pubblici: queste erano le “corvées”, ovvero giornate di lavoro collettivo. E ognuno aveva il suo ruolo: nessuno era inutile, tutti erano fondamentali.
Lavorare insieme per sentirsi parte di qualcosa
Per Andrianampoinimerina, lavorare per la comunità non era solo un dovere materiale. Era un modo per sentirsi parte di un progetto più grande.
Lavorare insieme alle dighe o ai granai significava essere cittadini attivi, uscire dal proprio villaggio e diventare parte viva del regno.
E poi, non era solo una questione di riso: il lavoro collettivo serviva anche per ricostruire i legami tra le persone, legami che guerre e migrazioni avevano un po’ spezzato.